martedì 7 ottobre 2008

Exit No. 6 di Yu Hsien Lin (Taiwan/2007)

Le conseguenze dell’amore (Paolo Sorrentino/2004) fu etichettato come una pubblicità della BMW lunga 100 minuti, A bittersweet life (Kim Jee-woon/2005) spostava il campo da gioco dalle berline tedesche allo stile di Dolce & Gabbana. Non c’è da meravigliarsi quindi se il giovanilistico Exit No.6 parrà ai suoi detrattori come uno spot della Diesel girato a Taiwan. Yu Hsien Lin dona al suo secondo lungometraggio una messa in scena stratosferica, inondando lo schermo di colori e tagli di luce. Sinuosi movimenti di macchina giocano con angolazioni inconsuete, mentre i piani fissi acquistano varietà grazie ai continui slittamenti della messa a fuoco. Un tour de force stilistico che annichilisce ogni concorrente, e che paradossalmente trova un pari solamente nell’outsider Bio Zombie (1998) di Wilson Yip. E non solo per l’eccellenza della messa in scena.



Perché l’adolescenza è sfavillante e colorata solo nella testa degli adulti.



Proprio come il piccolo film di Hong Kong questo Exit No.6 nasconde, dopo un 95% buono di film completamente votato alla commedia (horror per Bio Zombie, romantica in questo caso), un’iniezione di realtà che li avvicina entrambi alle intuizioni sviluppate da Fukasaku nel suo Battle Royale. La ribellione giovanile e la resistenza a un sistema che fa della competizione il suo asse principale possono essere rappresentati in maniera differente da occidente a oriente. Quasi cancellati o relegati in romantiche parentesi nostalgiche nella commedia occidentale (dai vari American Pie fino alle nostre Mocciate), portati alle estreme conseguenze (ma non quelle che vi aspettate) nei campioni d’incasso dell’altra metà del mondo.



Succede così che una piccola produzione di Taiwan, come questo Exit No.6, ci regali gioia per gli occhi e nel contempo ci porti a riflettere. Gustose citazioni dai classici del kung fu si sposano con l’estetica da fotografia di moda (diciamo Elaine Constantine), la leggerezza del ricordo si mischia alla dura realtà e al cinismo dell’iperbole. Perché a Ximending tutto può succedere, anche di arrendersi alla vita (proprio come nei centri commerciali di Hong Kong visti in Bio Zombie).




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