mercoledì 8 luglio 2009

Metal: A Headbanger's Journey/Global Metal di Sam Dunn e Scot McFadyen






Dopo questa doppietta Sam Dunn e Scot McFadyen sono ufficialmente diventatati i miei documentaristi preferiti. E non è solo una questione di gusti musicali.



La ricetta è di una semplicità lapalissiana: prendi un argomento che tutti conoscono ma snobbano, analizzalo in modo serio e rigoroso, mantieni un tono divertente/divertito, dimostra di esserne il primo fan e lascia da parte didascalismi e luoghi comuni. Tutti ingredienti che paiono ben noti a Sam, nostra guida in questi due viaggi nel mondo metallaro.



Un antropologo trentenne cresciuto a pane e Iron Maiden, voglioso di passare dalle tribù del Sud America alle legioni di metalheads che punteggiamo tutto il globo. Grazie alle testimonianze di leggende viventi (da Lemmy a Dio, passando per Tony "Diabolus in musica" Iommy), mostri sacri (Slayer, Motley Crue,..) e qualche capatina più new school (Slipknot, Lamb of God,…) si riesce a dare una descrizione credibile e approfondita del suono metallico, senza scadere nel fanatismo o nel paternalismo. Colpisce parecchio l’intelligenza e l’acume degli interlocutori, ma considerando che rischia di fare questa figura anche George Fisher viene da pensare quanta parte del merito sia dei due registi (scherzo, tutti gli intervistati dimostrano di essere degni della loro fama). Coraggiosa la scelta di dare spazio a realtà poco giustificabili come il black metal, anche se la demenza dei Mayhem risulta spassosa più che intimidatoria. Mitico Gaahl dei Gorgoroth, competamente preso nel suo ruolo di elitista misantropo.



Durante i 90 minuti del documentario si ride, ci si esalta, si pensa (tanto) e si rimane basiti di fronte alla potenza di un fenomeno simile. Sia che voi indossiate una maglietta dei Bathory o meno, cosa assolutamente non scontata.



Ancora meglio la seconda fatica del duo: Global Metal. Messo completamente da parte l’aspetto da fanservice, rimane un’analisi commovente (non ho sbagliato parola) e sentita della globalizzazione attraverso il rock duro. Se le trasferte in Brasile e Giappone sono divertenti ma risapute, le sortite in Israele, Indonesia, Cina, India e Dubai hanno moltissimi punti di interesse. Il passaggio dal folklore moderno del Sol Levante alle moschee lascia spazio a riflessioni più serie, dalla libertà di pensiero e alle guerre religiose. Dopotutto quanti di noi si sono fermati a riflettere su cosa significhi Angel of Death per un ragazzo israeliano? Su cosa abbiano provato quei ragazzi indiani con la fortuna di poter assistere al primo concerto metal nella storia del loro paese (Iron Maiden nel 2008)?



Stupendo l’imbarazzo di Sua Imbecillità Lars Ulrich quando viene messo al corrente che in molte nazioni i ragazzi possono accedere alla musica dei Metallica (e a tutto ciò che è “occidente”) solo tramite il download illegale, unica finestra sul mondo per chi vive in regimi totalitari di stampo politico o religioso. [Ricordo a tutti l'azione legale da parte dei Four Horsemen nei confronti di Napster].



Non un documentario politico/sensazionalistico, ne un filmino amatoriale di qualche esaltato. Semplicemente un trattato di antropologia moderno e molto più importante di quanto i suoi stessi autori possano credere. Da recuperare (sopratutto Global Metal), per mettere in moto il cervello oltre che la chioma.

4 commenti:

Faust VIII ha detto...

Brothers of True Metal! Davvero interessante, anche se dubito che i due documentari potranno arrivare qui da noi. Ho segnalato questo post qui=>http://forgottenbones.tumblr.com/post/137918710/metal-a-headbangers-journey-global-metal-by-sam-dunn

Doner ha detto...

sssiiiiii

cazzo, grazie!

MA! ha detto...

Quando si parla di metallaccio sono sempre i soliti a farsi sentire! Grandiosi e irriducibili. Comunque questi sarebbero film da far vedere ai non metallari. Tanto per dimostrare quanto siano inutili certi luoghi comuni.

Faust VIII ha detto...

Grazie MA. Concordo, bisognerebbe farlo vedere ai detrattori del metal.