venerdì 17 luglio 2009

Minirecensioni da sovraccarico lavorativo: 5 grandi dischi che non ha cagato nessuno

In rigoroso ordine di apparizione:






Medulla Nocte – Dying from the Inside (Copro Records/2000)



Uno dei più grandi dischi metalcore dello scorso decennio. Claustrofobico, informe, sofferente. Tutto il contrario di quello che finiva nelle classifiche alternative fino a poco tempo fa. Incredibile prestazione vocale di Paul Catten, all’epoca ricoverato presso un ospedale psichiatrico (per la registrazione del disco fu necessario arrotondare tutti gli spigoli dello studio), autentico alienato in un mare di finti emarginati.






Beecher - Breaking the Fourth Wall (Calculated Risk/2003)



Altra gemma proveniente dalla Terra d’Albione. Tra le poche band capaci di aperture melodiche veramente significative, nonostante un involucro di ferocia e rumore quasi impenetrabile. Il postcore incontra il grind e il pop. Il risultato non è esente da difetti, ma sprigiona classe infinita. Peccato per la déblàcle dell’album successivo (nonostante la produzione di Kurt Ballou dei Converge), soffocato dalle sue stesse velleità intellettuali.






Labrat – Ruining it for everyone (Visible Noise/2003)



Solo in Inghilterra una band potrebbe puntare al successo con titoli del calibro di Diary of a piss drinker . Per di più sbattendo su disco una mistura oscena di grind, sludge e putridume assortito. Slabbrati e liquidi come i primi Cattle Decapitation, giocavano sul baratro tra estremo e modaiolo già 6 anni fa. Troppo presto.






Terminally Your Aborted Ghost – Slowly peeling the flesh from the inside of a folded hand (Macabre Mementos/2005)



Se questo non lo conoscete un motivo c’è. Un abominio. Non esiste altra parola per definirlo. Se pensate che il top dello scellerato siano i Cannibal Corpse, allora preparatevi ad allargare i vostri standard. Eppure in questo disco non esiste qualcosa che sappia di già sentito, le canzoni sono miniere di idee e la volontà di sfondare i confini dell’accettabile è tangibile e sincera. Tanto basta per farne un cult.






Dr. Doom – S/T (CrashLanding Recs./2007)



Supersonici, eppure miracolosamente piacevoli. Arrivano da Amsterdam e suonano come un incrocio tra Nasum, Gadget e Sayyadina. Intelligenza a tonnellate, lo dimostrano le 3000 chicche disseminate in questo EP, eppure la foga pare inarrestabile. La più grande grind band di domani?

3 commenti:

Doner ha detto...

anch'io vorrei incidere per la COPRO RECORDS!!!

Unknown ha detto...

Sempre stati sottovalutati i beecher, considerando anche che spaccano anche live.

il resto è forse troppo grind per me:)
Ultimamente in ambito metal sono per il filone Baroness, Akimbo, Torche etc, o per lo strumentale alla pelican o red sparrow.

MA! ha detto...

I Torche sono una bomba, mentre i Baroness li consiero un pò troppo sulla scia dei Mastodon. Però adoro le illustrazioni del cantante (è il cantante che fa l'illustratore, no?). Comunque prima mi sparavo una tonnellata di HC, poi con la sovraesposizione degli anni scorsi mi ha stancato. Facile che adesso mi succeda anche con il grind/death. E' un peccato, perchè in un primo momento questi trend underground permettono a un botto di band di guadagnarsi lo spazio che meritano, poi le etichette incominciano a stampare la peggio merda e il mercato si satura, facendoti perdere anche le band che meritano. Per l'ennesima volta mi toccherà tirar fuori i dischi degli Unsane per ricordarmi come si suona VERAMENTE sporco.