martedì 23 febbraio 2010

Shaun of the Clerks: Zombieland di Ruben Fleischer (US/2009)

In due parole: Zombieland è un film divertente, dal peso specifico nullo e che non lascerà nessun segno dietro di sé. Male? No, benissimo. Perché tra kolossal senza fine, torture porn, remake e cazzatone nipponiche (e parla uno che consuma al 80% film orientali) si cominciava veramente ad averne piene le palle. E’proprio così difficile scrivere un lungometraggio che strappi un sorriso, qualche sguardo meravigliato e che non ci tratti come bambini ritardati? Che magari duri 90 minuti (o meno) e che non costi quanto un’isola tropicale? Evidentemente sì, perché da Drag Me to Hell a oggi sul fronte occidentale non mi pare di ricordare nulla. Zombieland escluso, ovviamente. Che è tutto tranne che un film perfetto, puro postClerksismo (svuotato dalla devastante carica antropologica dell’originale) rivisto in chiave Shaun of the Dead (senza raggiungere neppure le vette umoristiche di questo). Bastano i folgoranti titoli di testa per capire a cosa si va incontro: moviola estrema + zombie + thrash metal + omaggio a Spike Jonze. Cosa chiedere di più? Personalmente mi sento di suggerire gli Anthrax di Among The Living al posto dei Metallica. Tutto qui.



Si potrebbe contestare che l'inevitabile storia d’amore puzza di stopposo e mellifluo, ma
risulta perfetta all’interno della cornice tessuta da Rhett Reese e Paul Wernick. Dopotutto Emma Stone è più la compagna di liceo che avremmo sempre voluto (anche come quoziente intellettivo) piuttosto che una Charlotte Gainsbourg con cui inscenare mutilazioni genitali (o l’ultima bomba erotizzante da mettere in posa plastica). Tutto è costruito attorno all’idea di leggerezza e di inoffensività, l’unica trasgressione è lo sproloquio (tra l’altro a tratti genuinamente divertente, ma avrebbe potuto raggiungere risultati enormi se messo in mano a un Seth Rogen o allo stesso Kevin Smith) e lo sfondare qualche scaffale di paccottiglia kitsch.



Quello che veramente infastidisce è come ci si concentri su finezze da sorrisino compiaciuto (esempio: prima della catarsi finale tutti rimangono bloccati in una giostra che rappresenta la loro visione della vita) evitando di tappare buchi grossi come una casa, cosa piuttosto fastidiosa considerando lo spessore del film.



Si potrebbe anche dire che Zombieland l’hanno già scritto e girato a HK qualcosa come 12 anni fa (un bel pezzo prima di Wright e Pegg), con tanto di finale da storia del cinema. Eppure non riesco a mettere questi errori veniali davanti a tanti siparietti carichi di leggerezza (tipo il montaggio durante il viaggio in SUV, compresa discussione tra Harrelson e Abigail Breslin circa l’identità di Hanna Montana), alla comparsata del secolo e alle decine di sciocchezzuole registiche disseminate per gli 87 minuti di durata del lavoro di Fleischer. Specchio dei tempi?

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