martedì 1 marzo 2011

[oldies but goldies] Sin & Punishment: Successor of the Skies di Masato Maegawa



Che entro pochi anni (mesi?) il videogame verrà considerato a tutti gli effetti un medium artistico ormai l’ hanno capito anche i sassi. Un percorso che ha preso il via un paio di decenni fa e oggi è ormai prossimo al raggiungimento di uno step fondamentale (l’accettazione da parte dell’intelligentia dopo l’uomo della strada) per ogni suo sviluppo futuro.


Ora come ora le scuole di creatività che spingono in ogni modo verso questo ultimo, monumentale passetto sono circa tre e mezzo. Nella prima ci metterei tutti quegli studi che interpretano l’ambiente videoludico come terreno perfetto per l’ibridazione con il blockbuster hollywoodiano. Tra i rappresentanti massimi di questa categoria impossibile non segnalare i registi David Jaffe e Cliff Bleszinski. Qui vige la regola del grande è meglio, delle prestazioni tecniche tirate al limite e del testosterone libero. Budget milionari e record di vendite da infrangere ogni sei mesi.


Nella seconda branca ci ficchiamo i vari Fumito Ueda e tutta una serie di prodotti che vanno dal pluripremiato Limbo al Flower per PS3, passando per il musicale Electroplankton. Qui la componente artistica prende il sopravvento. Schizzi di sangue e tempeste di piombo lasciano spazio ad ambienti sognanti e atmosfere rarefatte. La ricerca prima di tutto.


Tra le due (ecco il mezzo di cui parlavo sopra) si va a incastrare tutta quella produzione di genere dotata comunque di spiccata autorialità. Il suo rappresentante più famoso è quel Hideo Kojima ormai noto anche a chi una consolle non l’ha mai posseduta. Tra gli altri protagonisti vanno menzionati senza ombra di dubbio Goichi Suda e Hideki Kamiya (quando si alza con il piede giusto e lo si tiene in carreggiata), oltre che gli studi Rockstar e Valve. Maggiore profondità rispetto alla ripetitività meccanica dei prodotti inclusi nella prima categoria, art direction curate maniacalmente e il terrore di annoiare anche il fruitore più scafato. Siamo dalle parti dell’intrattenimento intelligente, capace di tracciare un solco profondo nell’ immaginario collettivo.


Tre alternative valide (seppur in modi diversi) tutte caratterizzate dall'ibridazione con altri linguaggi. Il cinema, la letteratura, il fumetto, le arti grafiche. Il videogioco viene valorizzato pescando da altri magazzini di significato e diventa, almeno nei presupposti, arte totale. Nella quarta categoria invece succede esattamente il contrario.


In Sin & Punishment: Successor of the Skies (e in maniera ancora più estrema in N+) la creatività sta nel sistema di controllo, nel gesto del giocatore, nella dinamica di gioco. Tutti aspetti impossibili da ritrovare in altri linguaggi. Non esiste progressione dell’avatar (e quindi narrazione) se non nelle prestazioni sempre più raffinate dell' utente. Lo schermo finisce presto per riempirsi di decine di nemici ed effetti luminosi, rendendo praticamente inutile ogni sforzo di caratterizzazione dei livelli (se non come puro orpello estetico). Non si teme di morire come in un RPG perchè il continue? è inevitabile, privo di conseguenze. Si gioca per giocare, per il risultato più alto (e infatti si può saltare da un livello all'altro senza problemi) o l' intervallo di imbattibilità più esteso. La concentrazione richiesta è massima. Gli sviluppatori affastellano tra le linee di programma tutti gli ingredienti del videogioco più puro e incontaminato. Il meccanismo del postmoderno viene sfruttato per raggiungerne il risultato opposto. Qui i clichè non portano al distacco ironico, ma a un ambiente che deve essere conosciuto a menadito per garantire all’ hardcore-gamer l'immersione totale. Per certi versi Sin & Punishment: Successor of the Skies è arte videoludica nella sua accezione più autoreferenziale ed esemplare. Avete presente quando negli anime distopici si mostrano orde di ragazzetti intenti a rincoglionirsi davanti a un generico monitor tutto lucette stroboscopiche e techno a 3000? Ecco, probabile che stiano giocando al titolo sviluppato da Treasure.


Almeno 15 anni di progressi dimenticati nel tempo di scoperchiare il case. Nonostante la grafica 3d il linguaggio torna primigenio e finisce per dare alla causa molto di più di quanto si pensi. Se si vuole considerare il videogioco come medium forte si deve prima imparare a isolarne gli aspetti fondamentali, quelli che devono sussistere anche senza lustrini e pailettes. Pensate di prendere una persona totalmente aliena a questa forma di intrattenimento e cercate di introdurglielo nel minor numero possibile di titoli. Con Sin & Punishment: Successor of the Skies vi basterà un solo esempio. Si prenda a esempio il filmato qui sotto, quasi parossistico nella sua aderenza totale agli stilemi dell'intrattenimento digitale.


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