mercoledì 30 novembre 2011

Neoludica. Arte & Videogames (Edizioni Skira/2011)



“Make art-game, not game art.”



Neoludica è qualcosa di più di un catalogo dall’omonima mostra. Un evento epocale come la comparsa dei videogiochi davanti alla platea internazionale della Biennale di Venezia (a distanza di 10 anni dall’ormai storica Play al Palazzo delle Esposizioni di Roma) non poteva che richiedere un testo integrativo atipico.



Il tomo si compone di un numero elevato di brevissimi saggi, tutti dalla densità concettuale abbastanza scoraggiante per chiunque non sia un minimo avvezzo alla semiologia e all’analisi dell’immagine. In alcuni casi la direzione risulta vagamente confusa, ma in linea di massima si percepisce chiaramente il nucleo della questione. Il fatto che i prodotti videoludici siano ormai parte integrante del panorama artistico significa qualcosa di più di premiare lo stato dell’arte in tale industria. Esporre un videogioco in una galleria d’arte contemporanea non vuol dire appendere un pugno di schizzi preparatori, quattro fondali e mettere due consolle a disposizione del pubblico. O, meglio, vuol dire quello più un sacco di altra roba.



Questo perché non sempre un’illustrazione bellissima, realizzata con una tecnica sopraffina e inappuntabile, rappresenta l’arte. Al più si parla di alto artigianato. Stessa cosa nella narrazione. Di libri magnifici ce n’è pieno il mondo, ma pochissimi sono opere d’arte. In questi anni di post-modernismo e abbattimento di ogni barriera questi paiono discorsi settari, vetusti e antipatici, eppure necessari. Rifugiarsi tra le pagine di qualche romanzo d’evasione non è un male, anzi. Esistono scritti di puro intrattenimento praticamente privi di difetti, emozionanti e stimolanti a livello intellettuale. Ma la capacità di fare da antenna al nostra civiltà non gli compete (tanto per tirare in ballo la definizione d’artista di Marshall McLuhan, citato anche in Neoludica).



Nel mondo dei videogiochi e della loro critica ci troviamo di fronte al medesimo bivio. Definire un gioco come capolavoro nell’ambito ludico è ben diverso da definirlo come tale tra le austere mura di una galleria d’arte. Grafica fotorealistica, sandbox infinite (piuttosto che script ultra avvolgenti) e compenetrazioni con altri linguaggi non sono sufficienti. Occorre andare più in profondità.



Piuttosto ci si deve chiedere perché tale grafica ultra dettagliata si fonda perfettamente con il medium, magari passando dalla storia della fotografia e dello strappo portato da questa nel mondo della riproduzione.



Oppure cercare un parallelismo tra modernismo pittorico e videogiochi.



Naturale che una tale complessità di riflessioni porti a un moltiplicarsi degli strumenti espressivi. Nella videogame art l’opera può essere un videogioco, ma anche un suo diretto derivato. Sia fisico (dipinti a olio basati su frangenti di gioco, hardware, …) che digitale (video, screenshot,..).



Un altro esempio. Gli sparatutto bellici non hanno mai generato arte. Fino a quando Marco Cadioli non ha incominciato a diffondere reportage fotografici delle battaglie online in puro stile Rober Capa. Un’idea tanto semplice quanto geniale. Vera arte, concettualmente devastante.



Neoludica è un punto di partenza per un percorso ricco e stimolante, ancora tutto da discutere (e infatti nello stesso volume ci si contraddice più volte). Lettura consigliata per chiunque si interessi di arte contemporanea, anche se sono anni che non prende in mano un joypad (ma sarebbe consigliato. Se non per capire meglio l’apparato critico almeno per rilassarsi dopo una sessione di lettura).

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