lunedì 12 dicembre 2011

Gabriele Arruzzo, mash-up culture e l'appropriazionismo di Richard Prince



Avevo già parlato di Gabriele Arruzzo qui. Dopo aver dato una lettura al suo catalogo e aver osservato attentamente le suo opere mi pare doveroso dedicargli un articolo un pò più approfondito.


La mash-up culture non ha mai avuto vita facile. Percepita dai più come un mero furto ai danni di artisti “veri” da parte di furbi DJ incapaci di produrre musica loro, ci ha regalato invece diversi lavori di livello eccellente. Parliamo per esempio delle uscite dell’americano Girl Talk (i cui dischi sono in download gratuito), Danger Mouse (quello del Grey Album, geniale fusione tra il Black Album di Jay-Z e il White Album Beatlesiano) o dei The Kleptones.


Per quanto un Simon Reynolds (autore di Retromania per Isbn) possa odiare questa recente branca della cultura pop è innegabile come in realtà si stia assistendo a un’appropriazione della produzione di massa da parte della massa stessa. Se i tre esempi citati sopra sono da considerarsi a un livello assolutamente non raggiungibile dal principiante, da parte sua l’esplosione di trailer fan-made, parodie, ri doppiaggi su Youtube ci ha dimostrato come tutti possano fagocitare l’immenso mare di dati che ogni giorno ci arriva addosso. Per poi risputarlo sminuzzato e ridotto a una poltiglia che ne rivela il valore effettivo.


Se è vero che l’eccesso di utilizzo di Google e Wikipedia ci sta rendendo tutti un po’ più stupidi (parole del giornalista americano Nicholas Carr), incapaci di ricordare più di due nomi e tre date, è altresì corretto il fatto secondo cui siamo più coscienti di quanto l’industria dell’intrattenimento (tanto per dirne una) ci stia offrendo. Aprendoci gli occhi a 360 gradi e dandoci la possibilità di migliorarlo noi stessi.


Non è sempre frutto della fortuna del neofita se spesso le produzioni amatoriali caricate su YouTube siano mille volte meglio di quelle prodotte dalle major (dal caso Italian Spiderman alla nostrana Freaks!). Rimanendo nell’ ambito mash-up i vari rimontaggi di materiale edito creano spesso trailer capaci di evocare emozioni ben più forti di quelli ufficiali (ormai realizzati con lo stampino).


Per esperienza personale posso dire che ho consumato l’ultimo disco di Girl Talk, pur detestando la gran parte delle canzoni utilizzate al suo interno. Dura sostenere che l’accoppiata Missy Ellitot + Ramones non sia una bomba.


E non è un neppure un caso che YouTube venga indicato da Gabriele Arruzzo, abile nel traslare i fondamenti del mash-up nella pittura su tela, come una delle sua principali fonti di ispirazione.


Una foto del computer dell’artista con accanto la dicitura “G.A.’s images archive, work in progress, 2011 to present” (dal catalogo Essere un’isola) ci fa capire come l’atto performativo del raccogliere in maniera compulsiva materiale iconografico sia in realtà parte integrante dell’iter che lo porterà alla tela conclusa. Prendere frammenti di stampe di 50 anni fa, fonderli e riprodurli in dimensioni esagerate (si arriva al 2,50 x 2 m di Something about me and you) significa caricare di significato nuovo e importante segni altrimenti destinati a essere dimenticati. Si prende il passato e lo si rende futuro. Migliorandolo, limandolo, immergendolo in un nuovo contesto.


Nel suo catalogo Arruzzo definisce le figurine della gioventù Hitleriana meravigliose. Una volta osservato come queste finiscano inglobate nella sua poetica è impossibile non dargli ragione. Così mille schegge di cultura bassa passano per le lenti decontestualizzanti della bottega d’artista e diventano completamente nuove. Nonostante siano state riprodotte in maniera identica (non esiste compenetrazione tra i vari livelli del quadro, che vanno a lavorare esattamente come quelli di Photoshop). Proprio come nei dischi di Girl Talk e nei quadri di Richard Prince (con le dovute proporzioni, eh. Che il Maestro non si tocca) l’appropriazione non è nascosta o mascherata. Il dj americano pubblica la lista di dischi da cui ha estrapolato i sample mentre il pittore espone il romanzetto pulp da cui ha “copiato” (migliorandola) la copertina. Allo stesso modo il Nostro pubblica un volume dove lo si vede catalogare immagini scannerizzate e rielaborarle con gli strumenti Adobe prima di passare alla fisicità di acrilico e pennelli. Nulla è nascosto. Proprio come Jake e Dinos Chapman quando esponevano stampe di Goya arricchite con particola ancora più raccapriccianti.


Così il risultato rende inoffensive immagini terribili o, viceversa, perturbanti frammenti innocenti. Saranno copiati, ma nulla è più come prima.

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