martedì 21 febbraio 2012

Sentirsi vecchi: Enter Shikari - A Flash Flood of Colour (2012)



Non è che gli Enter Shikari abbiamo mai brillato per la loro musica in sé. Dopotutto non si parla che un pastone abbastanza informe di metal-core ed elettronica da giostre, una roba in cui in questi anni di frangette e lobi dilatati si sono dilettati in tanti. Quello che ha permesso a questi ragazzetti londinesi di guadagnarsi la luce dei riflettori deriva più da un insieme di fattori che dai singoli ingredienti della loro proposta musicale. Il principale propellente al loro successo rimane il video Sorry Youre Not A Winner, e basta buttarci un occhio per capire tante cose. Strafottenza, incuranza di quello che avrebbero pensato i più conservatori, assoluto menefreghismo dei propri limiti. Quello che vedi sono un gruppetto di ventenni che si auto producono una clip dove infilano tutti i loro amici, fanno quello che vogliono, si divertono e decidono di puntare al successo parlando direttamente ai loro ascoltatori. Quelli che non sanno neppure da dove arrivano certi suoni o contaminazioni. Ci si sente improvvisamente vecchi e ci si rassegna al fatto che la freschezza passa più da quelle parti rispetto alle nostre. Inutile a dirlo, il disco (autoprodotto in un sacco di formati diversi) fa il botto e permette ai Nostri di organizzarsi un tour che li porterà perfino a un paio di sold-out consecutivi anche in quel deserto culturale che è Milano (ricordo che nella stessa città a vedere i Baroness del Blue Record saremo stati in 200). Le loro canzoni possono non piacervi e gli Enter Shikari se ne fregano. Facendo benissimo. Almeno fino all’uscita del secondo disco, dove cercano di raffinare la proposta facendo un mezzo buco nell’acqua. I primi a capirlo sono proprio loro e per il terzo A Flash Flood of Colour decidono di alzare ulteriormente l’asticella della sfrontatezza. La combo sintetizzatori + breakdown viene gettata alle ortiche per lasciare il posto a un continuum fatto di dubstep, spoken words alla Jello Biafra, Uk garage, vezzi math-core e melodie da pop chart. Se prima vi facevano schifo adesso il rischio è quello di gettare il disco dalla finestra dopo trenta secondi di ascolto. Sono talmente in tanti a pensarla così che il loro terzo lavoro (sempre autofinanziato e autopromosso) esordisce nella classifica inglese al quarto posto. E si parla della classifica generale, non quella indie o rock o alternative. Mentre noi vecchi stiamo ancora qui a dire che certe cose le facevano già i Pitchshifter (una delle band più criminalmente sottovalutate della storia, sopratutto nella seconda metà della loro carriera) quindici anni fa, o che l’ultimo disco bello di elettronica suonata è Ire Works dei Dillinger Escape Plan, le nuove generazioni mettono la freccia e neanche ci salutano con la mano dal finestrino. Noi ingoiamo il rospo e, appena siamo sicuri di non essere visti, ascoltiamo di soppiatto il disco. E ci rimaniamo ancora più male, visto che funziona. Alla grande, oltretutto. Che piaccia o meno.

3 commenti:

:A: ha detto...

E' che noi "specialisti" pensiamo che chiunque lavori in un campo abbia la nostra stessa esigenza enciclopedica di sapere tutto, di conoscere tutto, anche storie/film/dischi più oscuri e di nicchia.
Ma chi nasce oggi si confronta con una mole di materiale così enorme che dovrebbe passare mezza vita a "informarsi" prima di "fare".
E quindi tirano un bel colpo di spugna e partono da quello che gli interessa.
Come dici tu, noi della vecchia guardia fatichiamo a digerirlo, ma questo è il 21° secolo, baby. ;-)

odderflip ha detto...

valeva la pena di aspettare un po', bentornato e complimenti per il pezzo. la tua posizione partecipe e pronta all'autocritica mi piace sempre molto. sai che ti invidio per i Baroness? cazzo! (anche se ho preferito il red album)

Odder_

MA! ha detto...

:A: E sinceramente fanno anche piuttosto bene. Comunque niente di male a sentirsi vecchi a 29 anni se i 15enni viaggiano alla velocità della luce. Anzi, i veri decrepiti sono quelli che non riescono ad accettare che la giovinezza non si è protratta per un cazzo. Anzi, si è ritirata vertiginosamente.

Odd: fai bene a invidiare. Concerto imperfetto (steccano mica male) ma da brivido. Era come essere in sala prove con la band. Distanza tra palco e pubblico zero.