mercoledì 11 aprile 2012

E chi lo ferma più? Thief of Thieves arriva in TV (forse)


Dopo Walking Dead anche la nuova serie di Robert Kirkman Thief of Thieves arriva in TV. E considerando il materiale di partenza - un action-comedy brillantissima e ultrastilosa - direi che il pericolo di incappare nella narcolessia indotta dai già noti zombi televisivi è piuttosto labile. Sperando che il tutto non faccia la fine di Powers (dov'è finito il pilot?). Trovate tutti i particolari qui.

martedì 10 aprile 2012

[Pyunologia pt.9] Vicious Lips di Albert Pyun (US/1986)


Perché la storia (anche quella del cinema) non è fatta solo da chi sta in cima. Anzi, spesso è proprio dal basso che arrivano gli scossoni più interessanti. Basta saperli sentire. Partendo da questo presupposto ho maturato la decisione di recuperare l’opera omnia di uno dei registi più (ingiustamente) vituperati di sempre: Albert Pyun. Parte così Pyunologia, percorso in una poetica da VHS.


Torna, dopo una pausa imposta da motivi di forza maggiore, Pyunologia. E lo fa con uno dei titoli che maggiormente hanno deluso i fan del regista hawaiano. Prima della visione Vicious Lips promette un sacco di roba interessante, fin dalla sua epica locandina. Dopotutto si parla di un film dove un gruppo rock al femminile si schianta su di un pianeta deserto, popolato da mostri di ogni genere. Cosa potrebbe andare storto? Ipotesi ancora più remota se si considera che Albert aveva appena infilato la funambolica doppietta La Spada a Tre LameRadioactive Dreams, dimostrando al mondo come si potessero girare film effettivamente divertenti – sareste disonesti se non lo ammetteste - appoggiandosi a un budget con cui altre produzioni non avrebbero potuto lavorare per più di un giorno. Invece qualcosa va storto e, a fronte di un sacco di buone intenzioni e di ottimi spunti, la pellicola si accartoccia e gira a vuoto per tutti i suoi 80 minuti.



Dopo un avvio da musicarello anni ’80, dove la protagonista passa da dilettante allo sbaraglio a rockstar navigata nell’arco di due montaggi a base di synth e Roland TR-808, si è già spaparanzati sul divano in attesa di quello che dovrebbe venire poi. La quantità di idee improbabili, inside jokes, archetipi compressa in questi primi minuti è tale da lanciare la mente dello spettatore in una versione musical di quel capolavoro che era Slave Girls from Beyond Infinity. Umorismo, cartapesta e una serie di meta-riflessioni sui personaggi femminili all’interno di un immaginario prevalentemente maschile come quello sci-fi. Senza contare che fa la sua prima comparsa anche la prostituta con tre tette resa immortale da Atto di Forza ben quattro anni dopo.



A seguito di un esibizione trionfale ecco che arriva LA telefonata, quella che potrebbe segnare la svolta da band di provincia intergalattica a celebrità senza limiti. Le Nostre partono subito, carichissime e pronte a tutto, ma finiscono nel bel mezzo di una tempesta di meteoriti. La loro astronave viene colpita e sono costrette a un atterraggio di emergenza su di un pianeta desertico. Ecco, il film finisce più o meno qui. Dopo il disastro seguono 40 minuti di nulla dove le ragazze battibeccano e fumano droga, mentre un mostro le osserva dai condotti di aereazione del mezzo ormai fuori uso. Se l’idea era quella di creare un’atmosfera allucinata e claustrofobica, gravata ulteriormente dalla presenza di una minaccia nell’ombra e dalla convivenza forzata di personalità troppo diverse in uno spazio ristretto, siamo veramente fuori strada. A questo desolante teatrino delle occasioni mancate vengono intervallate alcune scenette comiche in cui il manager della Vicious Lips si aggira deambulando per le dune sabbiose del pianeta. Le sequenze si fanno sempre più deliranti fino all’apparizione di due generose fanciulle (poco) vestite di cenci, totalmente ininfluenti allo svolgersi della trama.



Durante tutto il film assistiamo a degli inserti di montaggio al limite del subliminale, con flashback spezzettati in micro sequenze e una serie di misteriose scritte ad apparire in sovraimpressione. Una soluzione che porterà alla triste e scontata svolta finale: era tutta un’allucinazione. In realtà la band è già arrivata al locale ed è pronta a salire sul palco. A questo punto ci infiliamo ancora 6/7 minuti di synth-rock anni ’80 e al minutaggio minimo ci arriviamo tranquilli.



Peccato veramente, soprattutto per chi sperava in una sorta di incrocio tra Barbarella e Star Wars con Joan Jett al posto di Han Solo (che detto così sarebbe il film preferito di un sacco di gente, me compreso).

mercoledì 4 aprile 2012

Johnny Ryan goes death metal


All'appello mancava solo lui. Anche il mitico Johnny Ryan (autore di quella perla di ignoranza che risponde al nome di Prison Pit, fuori per la Fantagraphics - penso non ci sia bisogno di spiegare l'importanza di questa casa editrice) si è autoprodotto l'ennesima, marcissima fanzina da tardo-adolescente metallaro: Infinite Stench (simpatico e di buon gusto riferimento al compianto Foster Wallace?). Stampata (fotocopiata) in 100 copie è andata esaurita nell'arco di due giorni. La vera notizia è però che alla libreria Desert Island di Brooklyn ne hanno ancora qualche copia (e penso che gli rimarranno pure tutte, visto che mi hanno sparato un 20 dollari tondo tondo come prezzo). Nell'autentico spirito del progetto non esistono foto dell'interno o qualche spiegazione in più. Puro underground, proprio come va di moda adesso.

Tutto questo non toglie nulla al fatto che tirare in ballo i Nuclear Assault è da fighi. Prendetelo come un bollino di garanzia.

lunedì 2 aprile 2012

L’occhio non perdona! The Bulletproof Coffin: Disinterred di Hine & Kane



Ancora un articolo su una serie Image. Non è che mi pagano (e neppure mi regalano i fumetti), è che oggi come oggi sono pochissime le serie di questa rinata casa editrice che non seguirei. Un fatto condivisibile, credo, con tutti quelli che decidono di scavalcare i distributori italiani per seguire direttamente in lingua originale. Bastano un manciata di titoli del calibro di Saga, il nuovo Prophet, Thief of Thieves, Fatale e adesso anche questo spin-off di quel gioiello che era The Bulletproof Coffin per capire che il confronto con le altre due major è impietoso. Si concentrassero di meno su mega-eventi e reboot vari…


Prima di andare a parlare di TBC: Disinterred occorre introdurre la mini originale a chi non l’avesse letta. Sappiate che si parla di un delirio metalinguistico senza freni inibitori, dove gli stessi autori del fumetto che noi stringiamo tra le mani (i grandissimi Hine & Kane, entrambi venuti fuori da quella fucina di talenti che era 2000AD) sono anche gli autori/personaggi di finzione delle storie-dentro-alla-storia dove il protagonista, da avido lettore, viene risucchiato. Da qui una serie di elucubrazioni alla Flex Mentallo sulla paternità dell’opera, sull’autorialità,… Tutta una serie di cose molto interessanti, però la verità era solo una: la cosa più fica di The Bulletproof Coffin erano i fumetti di questa fittizia casa editrice della golden age. Personaggi già di per sé strampalati, restituiti al lettore dalle matite grottesche di un Shaky Kane in formissima. Una gioia per gli occhi. Psichedelia, pop art, Jack Kirby. Tutto intriso di un umorismo tanto cinico quanto intelligente. Se siete interessati alle proposte borderline - quelle a cavallo tra mainstream e indipendenza arty - questa è una serie da recuperare a ogni costo.


In qualunque caso ora la coppia è tornata. E dai primi tre numeri di questa Disinterred paiono aver eliminato tutte le sovrastrutture della serie originale, concentrandosi maggiormente su storie (per ora) autoconclusive (le cose di complicano leggermente nel terzo, un piccolo capolavoro alla The Twilight Zone). Cancellata quindi la cornice meta- rimane solo spazio per i personaggi della mitica (e inventata di sana pianta) Golden Nugget.  Se la scelta pare populista - viene tagliato tutto quello che denotava autorialità e profondità - in realtà il risultato è straordinario.  Senza grilli per la testa ora Kane è ancora più Kane e Hine ancora più Hine. A tavole sempre più esagerate corrisponde questa volta una scrittura che riesce a rimanere al livello, con picchi di cattiveria e cattivo gusto perfettamente incastonati da scelte linguistiche da romanzetto pulp d’altri tempi. L’impressione è quella che i due abbiano deciso di abbassare il dosaggio di surreale per concentrarsi maggiormente su di un cinismo per nulla -post. Bastino le prime pagine del numero 1, dove un’epica evasione da una bara interrata si risolve nel più annichilente degli anti-climax.


E’ indubbio che per ora questo spin-off abbia un’identità più marcatamente da divertissement rispetto alla serie originale (ma quale spin-off non lo è?), ma è pur sempre intrattenimento di livello. Dove la padronanza della fusione tra alto e basso la fa da padrone. Sia a livello di sceneggiatura che di disegno. E poi, particolare mai come in questo caso fondamentale, le copertine sono fantastiche. Piatte e iconiche come ci si aspetterebbe da una serie a fumetti di serie B realizzata da talenti di serie A.