lunedì 18 giugno 2012

[IL CAPOLAVORO] The Raid: Redemption di Gareth Evans (Indonesia /2012)



Disclaimer: questo film arriverà in Italia (forse) con mesi di ritardo. L’unica cosa che lo salverà dall’indifferenza generale saranno le recensioni scritte mesi prima, dopo una visione da copia scaricata, sparse per Internet. Perché non pensiate che quattro trailer mandati a caso in televisione rappresentino una promozione adeguata. Quindi questa non è pirateria, è un servizio gratuito fatto alle case di distribuzione. Tanto per ringraziarle dell’ottimo(…) lavoro svolto negli ultimi anni. 


Tutti abbiamo già letto o sentito qualcosa circa The Raid: Redemption. Su queste stesse pagine mi ero impegnato mesi fa a segnalare il blog della lavorazione e a riportare la storia dietro la genesi sul progetto (che ricordiamo, si basa sulla locandina di Peace Hotel di Wai Ka Fai). Nessuna capacità premonitrice da parte mia, semplicemente non era difficile immaginare un futuro più che roseo per l’accoppiata Evans/Uwais. Anche in virtù del debutto Merantau - piccolo ma prezioso. Peccato che The Raid: Redemption sia qualcosa di più rispetto a quello atteso da tutti. Magari non la soluzione a tutti i problemi del cinema moderno, ma non siamo neanche così lontani come penserebbero in molti. E non lo dico per il gusto di esagerare. Andiamo per ordine.


Alla base di questa bomba c’è una dose esagerata di Carpenter (celebrato apertamente nel finalone). Roba che non fa mai male. Soprattutto perché ci ricorda come i capolavori non richiedano per forza di cose budget faraonici. Se vuoi girare un film d’assedio, fisico e sanguigno come il genere richiede, non hai bisogno che di una location. Possibilmente chiusa. Prendete Distretto 13: le Brigate della Morte e provate a trovarci un difetto. Poi pensate che è stato girato in due stanze, con un pugno di attori. Eppure non mi sembra che qualcuno si sia mai lamentato. Naturalmente, senza tante paillettes scintillanti a distrarci, il film deve arrivare dritto al punto. Non può nascondersi dietro a nulla.


E allora ecco che Gareth Evans ci stende con una sceneggiatura minimale, un uso del montaggio da lasciarti secco, un sacco di facce di genere, un protagonista che incarna alla perfezione quella tipologia di sempliciotto/macchina di morte che tanto ci gasa dai tempi degli Shaw Brother e un oceano di violenza. Secca, furiosa e senza pause. Niente battutine, niente ammicchi, niente spacconate. Anzi, ci sono un paio di momenti dove la lotta per la sopravvivenza da parte degli agenti di polizia è talmente disperata e ferina da darti quasi fastidio. The Raid: Redemption se ne frega del revival ottantiano e si fonde con il linguaggio del videogioco mantenendosi comunque carnale come un pugno in faccia, ci regala una fotografia raffinata e una serie di soluzioni ipermoderniste (la prima sparatoria nella tromba delle scale è qualcosa di impossibile per la tensione che riesce a generare. Ancora prima che parta un colpo). Non serve altro. Il primo classico istantaneo dell’anno è un film che sarà costato quanto il parcheggio della roulotte di qualche megastar sul set dell’ennesimo blockbuster hollywoodiano (genere che – Marvel movies esclusi, forse perché intelligenti e brillanti – pare stia per spirare definitivamente. Bastino i flop di John Carter, Battleship, Lanterna Verde e di un sacco di altra paccottiglia inutile).


Il risultato di tutto questo è un’opera che è già mitologia, pietra di paragone per un sacco di film che usciranno nei prossimi tempi. E non mi si venga a dire che si tratta di roba facile da mettere in piedi: la gestione degli spazi e del ritmo sono materia vitale per queste operazioni, tanto delicate da guadagnarsi anche in questo caso qualche licenza poetica pur di non molare l'acceleratore neppure un istante. Non si sta parlando di un giallo a orologeria, dove ogni ingranaggio deve girare alla perfezione per non inclinare tutto il meccanismo, ma di un treno in corsa. Pensate all’opera prima di Johnnie To (questa è la recensione di un film bello, quindi logico che Giovannino ce lo dovevo inserire): The Big Heat. Un action iperviolento e supersonico, dove i buchi di sceneggiatura sono distribuiti con una minuzia e una precisione tali da farti nascere il sospetto che siano messi apposta. Tanto per non perdere tempo e dirigersi di corsa alla prossima sparatoria. Questa pratica, se messa in mani sbagliate, solitamente porta a conseguenze disastrose. Plot campati in aria e svolte narrative a dir poco astruse. Si capisce quindi come la materia debba essere gestita con la dovuta cautela per non rischiare di mandare tutto a rotoli. Gareth la maneggia con la grazia di un giocoliere. Risultato: non ci si distrae dal flusso di adrenalina che lo schermo ci vomita addosso neppure per una frazione di secondo.


The Raid: Redemption è brutale quanto l'exploitation anni '70, ma senza citare e/o scimmiottare. Dritto come un fucilata in pieno volto, basa gran parte della sua folle energia cinetica sui muscoli del plot di partenza: un gruppo di soldati, un palazzo da espugnare, sempre più scagnozzi a ogni piano. Sembra una cazzatella puerile ma nessuno ci aveva pensato fino al 2012. E doveva arrivare una produzione indonesiana a farcelo presente.

5 commenti:

Lazy Rebel ha detto...

Avevo già visto di questo film sui 400 calci e mi aveva moooolto preso bene... Non credo proprio che riuscirò mai ad abituarmi ai tempi della distribuzione italiana.
O ai tempi italiani in genere...

Officina Infernale ha detto...

Visto oggi una fottuta potenza...ma veramente cazzo!!!

Officina Infernale ha detto...

cmq l'amosfera di distretto 13 c'e tutta e anche di più, veramente bello...forse c'e' ancora speranza...

MA! ha detto...

Sono contento che stia piacendo praticamente a chiunque. Spero che chi deve capire capisca. Anche perché significherebbe risparmiare un sacco di soldi e produrre film che incassano di più. Non mi sembra una cosa che preveda attacchi di filantropia, anzi.

Officina Infernale ha detto...

Più che altro ha una regia essenziale, secca, senza menate,ha anche quel tanto di scorrect che nei film occidentali non c'è piu da 20 anni ormai, basta vedere la scena in cui sparano alla prima sentinella...in occidente la produzione della roba mainstream di qualsiasi genere è a livello di roba per famiglie lobotomizzate...mi viene male a pensare al remake americano di questo film..